fino al 31.I.2010
Elliott Erwitt
Roma, Palazzo Braschi
I suoi occhi non sembrano proiettare ombre. Sono trasparenti. Come lo sarebbero i vetri della sua Leica inseriti in una sagoma ritagliata. È la semplice ombra di un uomo su un prato: un autoritratto del 1991 con cui Elliott Erwitt (Parigi, 1928; vive a New York) si presenta nel catalogo della mostra accanto alla propria nota biografica.
Ironico, curioso e indagatore, Erwitt dipinge una capitale vista e rivista nelle sue innumerevoli incursioni tra il 1955 e il 2008, da reporter e da viaggiatore. Talvolta pragmatico, quando riveste il ruolo di giornalista della leggendaria Agenzia Magnum, talvolta dissacrante, quando vaga per la città alla ricerca di aspetti sorprendenti. Ma la sua ricerca è costantemente focalizzata sulla gente, anche quando – di rado – nelle sue fotografie regna la solitudine. Perché allora a popolare il suo mondo sono le statue, che sembrano vivere e dialogare solo per effetto delle intuizioni nelle inquadrature e nelle geometrie.
Erwitt invita continuamente l’osservatore a scoprire il segreto delle sue immagini deserte, come la prospettiva della Via Appia Antica (1959), in cui le vestigia romane paiono dialogare animatamente per effetto del profilo grottesco che si intuisce in una frammentaria paratia in mattoni. Frutto di una percezione prospettica non meno fantasiosa di quella che gli suggerisce di “caricare” sul tetto di una Topolino il peso della statua di parlante di Madama Lucrezia (1955).
Lo spirito della ricerca geometrica attraversa l’intero arco dei lavori in esposizione, anche se nelle 25 opere degli anni ’50 e ’60 si scorgono con maggior chiarezza i valori formali e compositivi, rafforzati dall’affascinante sedimentazione del tempo. Quel nunc che Benjamin aveva tanto chiaramente enunciato – quale contrassegno dell’opera d’arte – nella sua coniugazione con l’hic, qui fortemente espresso dallo straordinario genius loci della metropoli.
L’abilità nel notare il soggetto, studiarlo e organizzare l’inquadratura seguendo il proprio intento narrativo è un’attitudine assolutamente istintiva in Erwit, dal momento che rifugge a priori filosofie e idee precostituite. Lo dichiara apertamente nella bella intervista recentemente rilasciata a Manuela del Leonardis proprio in occasione della mostra romana.
Queste singolari capacità non sfuggirono a Robert Capa, che lo invitò ad associarsi alla Magnum Photos, di cui divenne membro dal 1953. Per la storica agenzia, alla quale hanno collaborato i maggiori interpreti della fotografia contemporanea, Erwitt continua tuttora a lavorare su progetti di tipo giornalistico e commerciale. Nei suoi innumerevoli servizi da freelance per i magazineCollier’s, Look, Life e Holiday non perde mai di vista la commedia umana, più volte raccontata anche attraverso il rapporto con gli animali e in particolare i cani, che non mancano neanche nell’esposizione romana.
“Puoi trovare immagini ovunque”, afferma. Basta essere ricettivi, aver occhi per la speranza e non per i preconcetti. E infatti, a ben vedere, in quell’autoritratto i suoi occhi sono in realtà due fiori di campo. Quelli che arricchiscono l’animo di chi sa coglierli. Come gli istanti incantati colti da Erwitt.
dal 12 novembre 2009 al 31 gennaio 2010
Elliott Erwitt – Roma. Fotografie
a cura di Alessandra Mauro
Palazzo Braschi – Museo di Roma
Via di San Pantaleo, 10 (zona piazza Navona) – 00186 Roma
Orario: da martedì a domenica ore 9-19 (la biglietteria chiude alle 18)
Ingresso: intero € 8; ridotto € 6
Catalogo Contrasto
Info: tel. +39 060608; museodiroma@comune.roma.it; www.museodiroma.it